13 Feb
2021

Gli edifici condominiali dichiarati “degradati” dall’Autorità pubblica (art.5 sexies del D.L. n° 32 del 18/04/2019)

Requisiti e poteri dell’Amministratore Giudiziale in funzione sostitutiva dell’Assemblea.

Relazione al Corso di aggiornamento per amministratori di condominio 2019 -2020 organizzato dalla sede regionale per la Puglia di Anaci.

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La Legge di conversione del così detto decreto Sblocca Cantieri ha inserito nel D.L. 32 del 18 aprile 2019 l’Art. 5 sexies che espressamente prevede una particolare regolamentazione per i c.d. edifici condominiali degradati.

Testualmente il detto articolo recita: 

1. Negli edifici condominiali dichiarati degradati dal comune nel cui territorio sono ubicati gli edifici medesimi, quando ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1105, quarto comma, del Codice civile, la nomina di un amministratore giudiziario può essere richiesta anche dal sindaco del comune ove l’immobile è ubicato.

L’amministratore giudiziario assume le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell’assemblea.

2. Le dichiarazioni di degrado degli edifici condominiali di cui al comma 1 sono effettuate dal sindaco del comune con ordinanza ai sensi dell’articolo 50, comma 5, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel quadro della disciplina in materia di sicurezza delle città di cui al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48. 3.

Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Proviamo a dare un senso a quanto espressamente previsto dal Legislatore e le implicazioni che questo può portare nell’ambito della gestione del condominio.

Cosa si intende per edificio condominiale degradato?

Preliminarmente occorre definire che cosa si intenda per edificio condominiale degradato.

Definire esattamente il perimetro in cui un determinato immobile possa considerarsi degradato, ci aiuta molto nel comprendere la portata giuridica della norma anche considerando che “lo stato di degrado” rappresenta il presupposto fattuale imprescindibile per la concreta applicazione dell’articolo in commento. 

Secondo il glossario elaborato dalla Tecnoborsa, unitamente alla Agenzia delle Entrate, il degrado di un immobile corrisponde allo stato di deterioramento connesso alla cattiva manutenzione e conservazione dell’immobile. Nel medesimo contesto troviamo anche la definizione di degrado di un elemento costruttivo /impiantistico che corrisponde alla progressiva perdita delle caratteristiche tecniche e/o funzionali di un elemento rispetto allo standard di servizio a cui è finalizzato.

(Fonte: https://www.tecnoborsa.com/Media/Default/doc_glossario/Glossario_AdT_Tecnoborsa_edizII-2008.pdf)

Nel nostro Ordinamento manca una definizione giuridica di “degrado” dei contesti immobiliari, per cui il primo problema che dobbiamo affrontare è proprio quello di determinare l’ambito applicativo della norma introdotta con il Decreto Sblocca Cantieri.

Da una punto di vista tecnico ingegneristico possiamo definire come “immobile degradato”, quel tipo di complesso immobiliare che, per le condizioni in cui versa, non è idoneo all’uso cui è destinato e ciò vale, anche alternativamente tra loro, per le condizioni strutturali (condizioni degli intonaci – pilastri – strutture portanti e non  etc.), e per le condizioni in cui si trovano gli impianti (mancanza di luce acqua e gas, impossibilità di utilizzo dei servizi igienici etc.)

Se quindi dobbiamo tenere per buona una tale definizione l’intervento del Sindaco ai fini della nomina dell’amministratore giudiziario può essere adottata solo in un contesto particolarmente grave di degrado.

Ciò sarebbe vieppiù supportato dal contenuto del terzo comma dell’Art. 5 sexies a norma del quale la situazione di degrado dell’immobile (che rappresenta il presupposto logico giuridico per l’applicazione dell’intero articolo) può essere dichiarata dal Sindaco nell’ambito dei poteri di ordinanza di cui all’articolo 50, comma 5, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ovvero della c.d. Ordinanza Contingibile ed Urgente.

Nel senso che la situazione di degrado deve essere attuale, specifica e deve essere tale da ingenerare un effettivo pericolo per la sicurezza pubblica.

Se prendiamo per buona la definizione ingegneristica di degrado allora limiteremmo l’applicazione della norma ai casi in cui ci troviamo dinanzi ad immobili abbandonati, vetusti in pessime condizioni igienico sanitarie, privi dei più elementari elementi tecnici di vivibilità o, se vogliamo, in diretto pericolo di crollo.

Il degrado, quindi, non sarebbe costituito dalla semplice vetustà o con la semplice inagibilità di un immobile (se così fosse, gran parte del patrimonio immobiliare italiano potrebbe risultare degradato per il semplice fatto che non si è concluso l’iter amministrativo di agibilità) ma, per dirla con il Consiglio di Stato:

“Non possono essere definiti degradati … gli immobili che necessitano di interventi di riparazione, rinnovamento o sostituzione delle finiture esterne, che rientrano nel concetto di manutenzione ordinaria, ovvero che abbisognano di modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali dell’edificio o realizzare o integrare i servizi igienici e tecnologici… ” (Cfr. Cons. Stato n. 4696/2008)

Per cui, come detto, affinché si possa configurare il potere di iniziativa del Sindaco previsto dallo Sblocca Cantieri, occorrerebbe che l’immobile versi veramente in precarie condizioni o si trovi in effettivo pericolo di crollo.

Però se così fosse, apparirebbe in tutta la sua inutilità sia pratica che teorica la portata della norma in commento.

Se l’intervento fosse limitato ai soli immobili fatiscenti o effettivamente pericolosi cosa aggiungerebbe la norma rispetto al potere di intervento contingibile ed urgente che già il Sindaco aveva in questi casi e soprattutto, quale cantiere sbloccherebbe?

Possibile che la portata innovativa della norma sia solo nella possibilità per il sindaco (in determinate condizioni) di farsi parte diligente per la nomina di un amministratore giudiziario?

A mio modesto modo di vedere, credo di no. Se così fosse sarebbe stato sufficiente il primo comma essendo del tutto ultroneo il secondo.

Dinanzi ad un testo legislativo dobbiamo approcciarci alla lettura partendo dal presupposto che il legislatore non abbia interesse a ripetere norme già presenti nel nostro ordinamento e men che meno abbia interesse ad inserire norme che nulla aggiungerebbero alla portata della legge. 

Ed infatti, il legislatore dello “Slocca Cantieri” non sembra proprio andare nella direzione prospettata dal Consiglio di Stato.

Nella norma in commento l’adozione della c.d. Ordinanza contingibile ed urgente è attribuita al sindaco:

“Nel quadro della disciplina in materia di sicurezza delle città di cui al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48” 

ovvero nell’ambito delle recenti disposizioni in materia di sicurezza delle città.

Quest’ultimo, semplificando al massimo, è un provvedimento legislativo omnibus (nel senso di contenere al proprio interno norme di varia genesi tra modifiche del codice penale – modifica dei poteri di intervento amministrativo dei Comuni – organizzazione delle forze di polizia etc.) che introduce nell’ordinamento locale il potere di Ordinanza in capo al Sindaco ai fini della valorizzazione del decoro cittadino, soprattutto in determinate aree e/o zone della città.

Ecco quindi che al concetto di “degrado” viene ad affiancarsi, quasi inevitabilmente, quello di decoro.

Il decreto legge 14/2017 ha di fatto integrato il potere del Sindaco con la possibilità di emanare ordinanze per fare fronte

all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche.

Sottolineo: urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria e degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana.

Letta così il potere di impulso del Sindaco è di fatto illimitato: giusto per fare un esempio, l’art. 61 del nuovo regolamento edilizio del Comune di Lecce (che riprende il modello tipo elaborato dalla Regione Puglia) prevede per gli immobili e le aree urbane:

“Gli edifici sia pubblici che privati e le eventuali aree di servizio degli stessi devono essere progettati, eseguiti e mantenuti in ogni loro parte, compresa la copertura, in modo da assicurare l’estetica e il decoro dell’ambiente.” Ancora il medesimo regolamento prevede che “Ogni proprietario ha l’obbligo di mantenere ogni parte del proprio edificio in stato di normale conservazione, in relazione al decoro e all’estetica dell’ambiente. Ogni proprietario ha l’obbligo di eseguire i lavori di riparazione, ripristino, intonacatura e coloritura delle facciate e delle recinzioni. Quando i fronti di un fabbricato sono indecorose, il Dirigente dell’Ufficio tecnico, ordina al proprietario di eseguire i necessari lavori di cui al precedente comma.”

Non vi è chi non veda, quindi, come il potere di impulso del Sindaco sancito dalla norma in commento non riguarda solo ed esclusivamente gli immobili fatiscenti, degradati, e con notevoli problemi strutturali così come delineato dalla citata Sentenza del Consiglio di Stato ma attiene di fatto a tutti gli immobili del comprensorio comunale che a seconda della zona di riferimento non appaiono decorosi (anche solo nella manutenzione ordinaria).

Facciamo un ulteriore esempio per comprendere meglio la situazione: un complesso immobiliare situato in una zona signorile della città, che non sia in una situazione di degrado così come tecnicamente intesa, ma che presenti i segni evidenti di una carente manutenzione potrà, seguendo tale impostazione, essere oggetto del potere di impulso riconosciuto al Sindaco dal Decreto Sblocca cantieri.

Viceversa il medesimo immobile in un diverso contesto urbano, meno signorile, più periferico, magari isolato, potrebbe non determinare il potere di impulso di cui discorriamo.

Se così è, la portata innovativa della norma in commento va ben oltre la sostituzione ex lege dei poteri assembleari (con tutto ciò che comporta in termini di difficoltà giuridica) e potrebbe rappresentare la norma di maggior spessore ed importanza per realizzare effettivamente lo sblocco dei cantieri quanto meno nel variegato mondo dei condomini. 

Tale situazione, in ogni caso, non potrà mai svincolarsi dalla contingibilità e dall’urgenza che sempre devono presiedere il potere di intervento del Sindaco salvo i casi in cui ciò è espressamente escluso dalla Legge.

Per cui tirando le somme del discorso fatto potremmo affermare, con un certo grado di sicurezza, che il potere di Ordinanza contingibile ed urgente fissato dalla norma in commento potrà essere esercitato dal Sindaco

  • sia nel caso in cui sussiste una situazione di degrado di un condominio oggettivamente determinata (nel senso tecnico del concetto di degrado)
  • sia nel caso in cui il condominio versi, invece, in condizioni tali da non essere decoroso nell’area urbana in cui lo stesso si trova.

Ciò trova conferma dal fatto che il potere di intervento contingibile ed urgente del Sindaco era già previsto nell’Art. 54 del TUEL (Testo Unico Enti Locali D.Lgs n. 267/2000) che prevedeva che il Sindaco potesse ordinare l’esecuzione di tutte quelle opere indifferibili ed urgenti a tutela della pubblica e privata incolumità.

Di più! In caso di inottemperanza all’ordinanza contingibile ed urgente da parte dei proprietari interessati, il Sindaco poteva provvedere all’esecuzione diretta delle opere, agendo poi in regresso nei confronti degli interessati per ottenere la restituzione delle somme.

Quindi, la norma in commento, in concreto, ha aggiunto una nuova ipotesi di Ordinanza contingibile ed urgente, accanto a quella prevista dall’art. 54 TUEL, e che si differenzia da quest’ultima nel fatto che se ex art. 54 TUEL il Sindaco agisce come Ufficiale di Governo, il potere derivante dall’Art. 5 sexies del D.L. 32/2019 si può definire come un potere proprio del Sindaco in quanto rappresentante della Comunità locale.

Ulteriore elemento di differenziazione tra i due poteri attribuiti al Sindaco è rappresentato dal fatto che ai sensi dell’Art. 54 TUEL il Sindaco può autonomamente, agire anche eventualmente disponendo l’abbattimento di un immobile (come nel caso di immobile collabente ovvero per gli immobili che presentano un livello di degrado tale da non essere è in grado di produrre reddito. Più propriamente, un fabbricato di fatto non utilizzabile e che, in sostanza, si trova allo stato di rudere, la cui concreta utilizzabilità, pertanto, non è conseguibile con soli interventi edilizi di manutenzione ordinaria o straordinaria, occorrendo opere ben più radicali (cfr.: art. 3, comma 2, e art. 6, lett. c, d.m. n. 28 del 2.1.’98));

Viceversa, nel caso previsto dalla norma dall’Art. 5 sexies in commento l’obiettivo ultimo è quello di sollecitare il recupero dell’immobile condominiale nell’ambito del contesto urbano in cui l’immobile stesso si trova.

L’ordinanza di degrado così emessa sarà naturalmente impugnabile dai soggetti interessati davanti al TAR con tutti i limiti propri di una impugnativa di tal sorta; Infatti, rientrando tale potere nell’ambito della più ampia discrezionalità della Pubblica Amministrazione, le censure potranno riguardare solo i vizi di legittimità dell’iter amministrativo (carenza di motivazione – violazione di legge ed eccesso di potere) mentre difficilmente potrà contestarsi il merito della decisione.

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Diritto condominiale: problematiche

Analizzata la parte afferente allo stato di degrado dell’immobile condominiale e che rappresenta il presupposto logico giuridico per la sua applicazione, non resta che verificare le problematiche che la norma pone da un punto di vista di diritto condominiale. 

In tale contesto, allorquando è emessa l’Ordinanza di degrado, e ricorrano le condizioni di cui all’Art. 1105 c.c. comma 4, il sindaco può chiedere la nomina di un amministratore giudiziario che assume in sé i poteri dell’assemblea di condominio affinché assuma le decisioni “indifferibili e necessarie”.

La prima particolarità che mi pare vada sottolineata è che il legislatore, invece di fare riferimento alla specifica normativa del condominio, richiama espressamente l’art. 1105 c.c. dettato invece in materia di comunione.

Ciò lo si deve essenzialmente al fatto che nonostante i molteplici interventi del legislatore in materia condominiale, e nonostante la recente riforma del 2012, ancora oggi manca nel nostro ordinamento una disciplina organica ed unitaria per la specifica figura del Condominio (nelle sue varie formazioni) vista ancora come una mera comunione che si snoda in un rapporto di genere (la comunione) a specie (il condominio).

Il riferimento al quarto comma dell’Art. 1105 c.c. è quindi dovuto alla circostanza che manca nel nostro ordinamento una norma positiva che regolamenta il caso in cui a non funzionare sia proprio l’assemblea.

Ad ogni buon conto a mente del comma 4 dell’Art. 1105 c.c. le ipotesi che danno il via alla possibilità di nomina giudiziale di una Amministratore su iniziativa del Comune sono essenzialmente tre:

  1. Se l’assemblea non prende i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune
  2. Se in seno all’assemblea non si forma una maggioranza,
  3. Se la deliberazione adottata dall’assemblea non viene eseguita.

L’esplicito richiamo al quarto comma dell’Art. 1105 c.c. e il contenuto della norma in commento mi fa innanzi tutto ipotizzare che i motivi che determinano il potere propulsivo del Sindaco siano tutti legati al cattivo e/o mancato funzionamento dell’Assemblea condominiale. Ciò vale anche per il terzo motivo inerente l’omessa esecuzione dei deliberati assembleari.

Se così non fosse non si comprenderebbe il motivo di richiamare l’Art. 1105 c.c. e non anche il 1129 c.c. (che involge invece le responsabilità dell’amministratore condominiale) e, soprattutto, non si comprenderebbe perché l’Art. 5 sexies del D.L. 32/2019 attribuisce all’amministratore nominato giudizialmente i poteri propri dell’assemblea condominiale.

Superare impasse assemblea condominiale

Nella visione del legislatore, quindi, la norma dovrebbe servire a superare eventuali impasse generate all’interno dell’assemblea che quindi non vuole o non può deliberare i lavori di manutenzione straordinaria del complesso condominiale.

Infatti, appena nominato, il nuovo amministratore dovrà procedere in modo del tutto autonomo a nominare la direzione tecnica degli interventi, ad individuare le ditte per l’esecuzione delle stesse e procedere alla contrattualizzazione degli stessi assumendo in sé da un lato i poteri decisionali propri dell’assemblea e dall’altro quelli di rappresentanza del complesso condominiale.

Ciò perché tali decisioni appaiono sia indifferibili che necessarie ai fini del superamento della situazione di degrado o di indecorosità che ha prodotto una tale situazione.

La seconda particolarità che occorre sottolineare è che questo tipo di intervento da parte del  Sindaco comporta che le spese dei lavori sono a carico del condominio per cui, a differenza di quanto potrebbe avvenire nell’applicazione dell’Art. 54 del TUEL, l’amministrazione Comunale non ha un diretto potere di intervento cui corrisponde il diritto di ripetizione delle somme spese ma sarà l’amministratore giudiziario a procedere a reperire presso i condomini le somme necessarie agli interventi manutentivi indifferibili ed urgenti.

La Terza particolarità di questa procedura del tutto eccezionale è che se il Sindaco ha potere di impulso per la nomina dell’amministratore il Giudice, nel momento in cui pone in essere la decisione di nominare un amministratore potrà dare anche precise indicazioni operative sull’espletamento dell’incarico se è vero, come è vero, che l’Art. 1105 c. 4 c.c., già in via ordinaria gli consente di prendere decisioni più ampie della semplice nomina dell’amministratore.

Ciò significa, in sostanza, che tra gli atti indifferibili ed urgenti che l’amministratore giudiziario può assumere nell’ambito dei poteri riconosciutigli direttamente dalla Legge vi è certamente anche quello di attivare il recupero forzoso delle somme necessarie a recuperare lo stato di degrado in cui versa l’immobile.

Poste in essere le opere indifferibili ed urgenti cessa la particolarità giuridica della figura dell’amministratore giudiziario che rientra così all’interno del ruolo giuridico proprio della figura dell’amministratore di condominio e, quindi, nell’ambito del normale rapporto di mandato.

Ciò significa che terminati i lavori egli continuerà la propria attività regolarmente come un normalissimo amministratore di condominio.

Ciò significa che in caso di contestazione dei lavori svolti, l’Amministratore giudiziario potrà essere chiamato a rispondere per l’eventuale mancanza di ordinaria diligenza, proprio come accadrebbe all’Amministratore condominiale, indipendentemente dal fatto o dalla circostanza che la sua nomina sia stata disposta dall’Autorità Giudiziaria su richiesta del Sindaco.

Iter di applicazione della norma

Sintetizzando al massimo e definendo l’iter concreto di applicazione della norma in commento possiamo in conclusione affermare che:

  • Dinanzi a particolari condizioni di degrado o di violazione delle norme di decoro di un immobile condominiale il Sindaco può emettere una ordinanza contingibile ed urgente che, per l’appunto, dichiara lo stato di degrado del complesso condominiale.
  • L’ordinanza resa pubblica a norma di legge deve essere notificata ai soggetti interessati (amministratore del condominio o singoli condomini) i quali possono impugnarla innanzi al Giudice Amministrativo;
  • Ricevuta la notifica l’amministratore convoca l’assemblea condominiale che deve adottare tutti i provvedimenti resi necessari a causa dell’Ordinanza di degrado e per superare la stessa;
  • Se il condominio si attiva e risolve la situazione di degrado il procedimento si chiude, se il condominio non riesce a risolvere la situazione il Sindaco può chiedere al Tribunale la nomina di un Amministratore Giudiziario. Questi assumerà le funzioni dell’assemblea e porrà in essere le attività necessarie ed urgenti per risolvere la situazione di degrado anche nel rispetto delle eventuali disposizioni del Tribunale. Fatti i lavori l’iter amministrativo si chiude ed il nominato amministratore continuerà le proprie funzioni nel rispetto della normativa in materia di condominio.

Ultimissima notazione: può accadere che dinanzi all’ordinanza che decreta il degrado di un immobile condominiale e nell’impossibilità di decidere dell’assemblea, uno dei condomini o l’amministratore cerchino di agire, per così dire, in anticipo rivolgendosi al Tribunale per la nomina dell’amministratore ex art. 1129 c.c.

Ritengo però di poter concludere affermando che una tale soluzione, seppure fosse concretamente percorribile (nel senso che sia rispettato il precetto dell’Art. 1129 c.c. per poter agire), da un lato non farebbe nominare un amministratore con i poteri propri dell’assemblea (che è previsto solo nel caso di ricorso del Sindaco) e dall’altro non risolverebbe e non supererebbe in ogni caso l’ordinanza sindacale che dichiara il degrado che può tacitarsi solo ed esclusivamente con il concreto superamento dello stato di degrado salvo sempre il ricorso al TAR.

Autore: avv. Piero Mongelli